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EDILIZIA: FORMAZIONE, FINANZA, FILIERA E L’IMPRESCINDIBILITÀ DELL’E-COMMERCE.

EDILIZIA: FORMAZIONE, FINANZA, FILIERA E L’IMPRESCINDIBILITÀ DELL’E-COMMERCE.

22
Lug 2021

L’edilizia mette le carte in tavola e scommette su crescita dimensionale e filiera compatta, su eco-sostenibilità e digitale.

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Si è svolto il 15 luglio a Green Pea, il primo Green Park Retail in Italia e al mondo, il Convegno nazionale Sercomated 2021, incontro annuale organizzato da Sercomated, il centro servizi per le imprese della distribuzione edile.

Presentato da Edoardo Sabbadin, docente di Economia e gestione delle imprese del Dip. Economia Università di Parma e da Imen Boulahrajane, media expert e founder di Will, il convegno ha scelto una location all’avanguardia, fiore all’occhiello della città di Torino, per parlare di italianità e per parlare di progetti per il futuro nel settore dell’edilizia e della distribuzione edile.

Il titolo del convegno, svoltosi in versione streaming, è stato infatti “La scommessa della distribuzione edile” e ha puntato i riflettori sull’attualità e sui nuovi percorsi da intraprendere per affrontare questo periodo di profondi cambiamenti.

Per comprendere i mutamenti che stiamo vivendo e orientare le scelte del futuro è necessaria una visione e un nuovo confronto tra i protagonisti e le anime di tutta la filiera delle costruzioni: la produzione di materiali, la distribuzione, la finanza, la comunicazione e il digitale.

«Senza magazzino edile non esiste filiera», è questa l’esortazione inziale del presidente di Federcomated, Giuseppe Freri, al Convegno Sercomated 2021.

La distribuzione e l’industria dei materiali edili devono lavorare insieme per cogliere le opportunità del mercato: «La trasformazione che stiamo vivendo, anche nel mondo della distribuzione dei materiali da costruzione deve essere guidata dal mondo dell’imprenditoria con intelligenza, con competenza e con una visione chiara che non è quella di un “prodotto da piazzare a minor prezzo” ma che si traduce in un contributo professionale e competente per poter dare una risposta al mercato. La partnership tra la distribuzione e i produttori di materiali edili deve essere un rapporto di trasparenza per coltivare insieme un progetto sul territorio, attraverso la trasformazione dei punti vendita in luoghi di comunicazione e di diffusione del buon costruire, dove poter esaltare un nuovo ruolo del distributore, che è uno dei perni attorno a cui ruota il settore dell’edilizia».

Il punto sulla situazione. Una fotografia dello scenario.

Edoardo Sabbadin ha fatto il punto della situazione dell’edilizia illustrando alcuni dati significativi di Ance, su elaborazione dei dati Istat, che hanno rivelato un grande ottimismo per il futuro: «Le previsioni del PIL del prossimo anno sono del + 5%, un incremento significativo e gli investimenti in costruzione nel primo trimestre 2021 segnano un + 17% con previsione per il 2021 di quasi + 9%. Sono dati veramente significativi per il settore delle costruzioni, addirittura il primo trimestre da gennaio ad aprile 2021 ha segnato un +46,6%».

Dati positivi che sono anche empiricamente tangibili nelle città italiane, dove i cantieri si sono moltiplicati negli ultimi mesi segnali di una riqualificazione e di un fenomeno di gentrificazione che sta accelerando grazie soprattutto alla spinta degli incentivi e del Superbonus.

Dimensione di impresa e nuove dinamiche del mercato

Anche le dinamiche della distribuzione edile sono in una fase di profondo cambiamento e si sta delineando uno scenario dove il piccolo, da solo, è destinato a cessare la sua attività.

«Seguendo l’evoluzione storica del magazzino edile – ha osservato Mario Verduci, segretario generale Federcomated e amministratore delegato Sercomated – abbiamo sottolineato negli anni che “piccolo non è sempre più bello” e che forse “grande è ancora più bello”. La filiera è articolata ma dà forti stimoli dal punto di vista della gestione d’impresa, considerando la complessità del settore che conta addirittura 21 categorie merceologie diverse tra loro dal punto di vista tecnologico che convivono nella stessa offerta commerciale, che a sua volta si interfaccia con una serie di competenze che finora non siamo riusciti a fondere assieme e a presentare come un unico referente immediato per garantire anche all’utente finale un solo interlocutore e non una pletora di interlocutori. La dimensione aziendale è stata una criticità storica del nostro settore oggi è da intendersi in senso lato e superando il perimetro dei limiti quantitativi. Le imprese retail si suddividono in indipendenti (circa 6.500) in multipoint (30 con più 3 punti vendita) e aggregazioni di impresa (1.500 distribuiti in 40 consorzi) quindi, mediamente, 37 associati per ogni consorzio con fatturato medio per punto vendita di 2.280 milioni di euro mentre quello nazionale corrisponde euro 2.125 milioni».

In una fotografia del passato e in un’istantanea del presente è possibile osservare l’evoluzione del mercato dalla quantità alla qualità:«Elementi di criticità che la distribuzione edile in Italia ha affrontato nel passato sono stati la sottocapitalizzazione con scarsa attrattività per gli investitori con un nanismo di impresa che ci ha penalizzato nella globalità; le limitate competenze tecnologiche da parte delle strutture distributive e i rapporti non trasparenti con il bypass del produttore nei confronti del distributore in quasi il 50% delle transazioni – prosegue Mario Verduci –. La linea di demarcazione per il settore è stata il 2008 con la crisi dei subprime e lo sconvolgimento mondiale del settore immobiliare. Si sono venute così ad affermare le forme di aggregazione di imprese e sono nati i primi gruppi di acquisto; concluso il lungo ciclo delle costruzioni si è affermato il mercato della ristrutturazione che ha acquisito un peso rilevante nell’economia complessiva di circa 150/160 miliardi di euro e il 73% dei cantieri, e questo cambiamento epocale ha rovesciato completamente i paradigmi che fino ad allora avevano stabilito i rapporti e le relazioni tra le varie componenti del settore. Altro importante tassello della mutazione del comparto è l’ampliamento dell’offerta dei magazzini edili che da b2b sono diventati anche b2c, inserendo i materiali di finitura e portando a una crescita dimensionale delle imprese: quasi il 50% dei magazzini edili ha infatti aperto una sala mostra per le finiture.Strettamente collegato alle finiture è stato anche l’ampliamento del target del punto vendita con l’accesso diretto del cliente privato al magazzino edile e la trasformazione degli showroom in spazi di accoglienza ed espositivi.L’inserimento delle finiture nell’offerta merceologica ha aumentato sensibilmente la redditività e il ruolo stesso del distributore è evoluto poiché il prodotto deve essere raccontato e spiegato anche negli aspetti tecnici e tecnologici. In ultimo, il settore ha visto negli ultimi anni affermarsi i temi dell’edilizia sostenibile e della responsabilità sociale dell’impresa».

Lo scenario attuale e il prossimo futuro vedranno protagonisti l’e-commerce, le nuove forme di comunicazione di marketing, l’ingresso massiccio della GDO nel mercato con cambiamenti nelle dinamiche di mercato e nelle dimensioni di impresa, poiché «se le aziende non crescono in misura adeguata vengono inglobate da questi operatori ed è quindi imperativo oggi crescere e pensare agli investimenti anche utilizzando la digitalizzazione, altro fenomeno inevitabile, per governare i processi distributivi di filiera. Ma l’azienda per crescere ha bisogno anche di persone e di competenze specializzate, per questo sarà sempre più necessario creare nuove figure professionali all’avanguardia come quella del Progettista sistemico, promossa proprio da Federcomated, una figura di raccordo della filiera che può ridurre il gap tecnico e tecnologico tra i componenti della filiera: produttore, distributore, progettista e posatore», ha spiegato Verduci.

La semplificazione burocratica, infine, è un altro obiettivo di efficienza economica e funzionale importante per le imprese che deve essere sostenuto dalla politica. «Le agevolazioni fiscali, che stanno aiutando il settore in questo momento difficile, sono però anche un punto negativo nell’ottica di investimenti poiché lo stato di economia assistita spaventa il finanziatore che non vede un’autonomia gestionale e una redditività tale da rientrare nei piani di acquisizione degli investitori del settore. L’edilizia è ancora vista dalle banche con grandissima diffidenza, tale da considerare il nostro settore a rischio, ma per modificare questa opinione bisogna uscire dall’assistenzialismo; se vogliamo avere un’edilizia moderna e rinnovata è chiaro che lo Stato dovrà favorire dei provvedimenti permanenti», conclude Verduci.

Luca Berardo, presidente di Sercomated, ha aggiunto: «Come filiera dobbiamo esporci in modo deciso per ottenere una visione strutturale e non assistenzialista, lavorare oggi in un mercato che vive di bonus rende estrema l’incertezza imprenditoriale e gli osservatori esterni al settore restano molto scettici verso aziende che stanno in piedi perché c’è un sistema di aiuti e incentivi con una scadenza ogni volta prolungata senza una programmazione almeno di medio termine».

Nel mercato edile post-covid un altro nodo è quello che riguarda la mancanza di materie prime che grava sulla produzione e di conseguenza mette in sofferenza anche la distribuzione, dai bancali al legno agli isolanti al pvc.

Una voce su questo tema arriva dal settore della produzione ed è quella di Maurizio Bellosta, vicepresidente di sezione cromato AVR associazione italiana costruttori valvole e rubinetteria con circa 127.000 addetti e un fatturato circa di 7,5 miliardi: «Il periodo di forte incertezza della pandemia si è tramutato negli ultimi mesi in crescita a due cifre ma permangono due problemi latenti che oggi l’industria deve affrontare: uno è il problema della fornitura dei prodotti a causa dei ritardi nel reperimento delle materie prime e l’altro, interno alle nostre aziende, è quello delle competenze tecniche sempre più difficili da trovare. Per risolvere la mancanza di professionalità si sta cercando di coinvolgere la scuola affinché si creino percorsi professionalizzanti e qualificanti mentre la speculazione sulle materie prime, dall’ottone alla ceramica, dal cartone alla plastica, ci porta a subire non solo costi imprevisti ma incide sui nostri programmi di acquisto a lungo e a breve termine, con forti incertezze nei tempi di acquisto e consegna che fanno male tutta la filiera».

A fare la sintesi del primo panel è stato Luca Berardo, presidente Sercomated: «Formazione, Finanza e Filiera sono le tre F da declinare nel settore. Siamo obbligati a crescere in senso aziendale, non solo di dimensione ma proprio di mentalità perché forse prima ancora dell’impianto normativo è stata la miopia imprenditoriale, di gran parte dei comparti economici italiani, ad aver frenato la crescita e lo sviluppo delle nostre aziende e il settore edile è stato maestro in questo, quindi la distribuzione ha scontato una miopia che è stata forse la prima causa del nanismo delle nostre imprese. L’attività di Sercomated in questo senso è netta e chiara, noi abbiamo individuato nella via della crescita e nell’essere obbligati a crescere il nostro mantra. La finanza diventa positiva e chiave di volta per sviluppare la crescita ma è direttamente collegata alla formazione dell’imprenditore e degli addetti, che porta al cambio di mentalità per far sì che quella crescita sia vista come un valore positivo. Le nostre realtà devono andare verso una formazione imprenditoriale per un’apertura agli accordi di filiera, con colleghi e concorrenti, e a quella spersonalizzazione dell’azienda intesa come superare l’idea di essere proprietari del 100% per andare verso una condivisione, nell’accezione di un gruppo di acquisto o di un multipoint, per abbracciare la crescita in maniera positiva senza i freni del passato. Il dividi et impera degli anni passati ha fatto comodo a una certa parte del mondo della produzione che ha lasciato la distribuzione “piccola” per poter portare avanti delle dubbie politiche di canale. Lo sviluppo di mercato passa anche da un accordo di Filiera sano e solido per consentire alla distribuzione di crescere».

Protagonisti della nuova stagione di acquisizioni e manifestazione delle nuove esigenze e configurazioni di mercato sono le grandi realtà edili multipoint e idrotermosanitarie.

Ne è un esempio il multipoint di Zanutta Spa come racconta l’amministratore delegato Gianluca Zanutta: «Il nostro obiettivo è la creazione di una grande distribuzione specializzata, abbiamo intrapreso un percorso di crescita e di espansione come multipoint perché è il mercato che lo chiede chiaramente, insieme a velocità e dinamismo, specializzazione e competenze. Oggi il mercato è “drogato” dai bonus ma le nostre aziende dovranno sempre rispondere in modo dinamico e per farlo è necessario avere gli strumenti ovvero investire nella formazione. L’edilizia è un settore in perenne evoluzione, soprattutto di prodotto, ed è indispensabile sviluppare sia una formazione efficace sia una filiera più compatta. Nel multipoint tocchiamo il cuore del concetto di filiera perché in questa dimensione si riesce a fare “filiera vera”, più che nei consorzi o nel piccolo distributore».

Anche nel settore idrotermosanitario, l’esperienza dei multipoint è ben rappresentata da alcuni casi di successo tra cui il Gruppo Comini che si rivolge principalmente ai professionisti e agli installatori come racconta l’amministratore delegato Alberto Comini sottolineando che «le tematiche sulla dimensione e la distribuzione, che oggi toccano il settore dell’edilizia, sono già state affrontate dal settore idrotermosanitario. Il nostro Gruppo con 56 sedi e 21 showroom copre tutto il territorio da Trieste a Sanremo, dalla Valtellina a Terni ma ci sono delle diversità incredibili tra i diversi territori sia nella modalità di lavoro sia nelle abitudini e pertanto abbiamo scelto di mantenere una struttura con 8 ragioni sociali e 8 marchi per 8 diversi territori. Fondamentale è il magazzino, le scorte, non è possibile comprare soltanto il materiale sul venduto. Questo ovviamente porta ad avere collaborazioni importanti con le banche e le aziende».

Parlando di dimensioni di mercato si definisce invece ironicamente un’azienda multi-provinciale di piccola-media dimensione, nelle parole del suo direttore commerciale Federico Nessi, un altro importante player di settore: Eternedile: «Il nostro settore non ha benchmark di riferimento, siamo leader in termini numerici per fatturato ma nella mia visione siamo ancora piccole aziende rispetto a una visione globale di quello che è la distribuzione; il nostro settore soffre di un provincialismo dettato da un fattore culturale insito nella mentalità imprenditoriale italiana. Il nostro business è difficilmente scalabile perché manca di standardizzazione, quando acquisisci un’azienda trovi tutta una serie di peculiarità già partendo dal punto di vista immobiliare mentre la GDO prende un terreno costruisce una “scatola” identica per tutti i punti vendita in giro per l’Italia, la standardizzazione ti permette di avere dei processi e definire delle gamme di prodotti codificati ma fare questa operazione all’interno di un magazzino edile, con aree esterne che possono variare da 10.000 mq a 1.000 mq, è difficile. La standardizzazione è quindi evidentemente un grosso limite alla nostra scalabilità. Gli utili medi del nostro settore sono molto bassi a causa di questo provincialismo che spinge ad aprire un magazzino uno di fianco all’altro senza pensare che magari nella provincia accanto oppure in un’altra regione c’è un’opportunità che si sta perdendo, per questo le aziende nel nostro settore sono cresciute a macchia d’olio e non a macchia di leopardo, come ha fatto Eternedile, che ha cercato invece di cogliere delle opportunità in giro per l’Italia per diventare un’azienda multi provinciale con una visione nazionale. Una volta diventati grandi bisogna poi affrontare le problematiche conseguenti e senza il controllo di gestione non si va da nessuna parte, quando si cresce senza standardizzazione avere un controllo di gestione è difficilissimo così la formazione e le risorse umane diventano un fattore chiave ed è quindi necessario intensificare l’alfabetizzazione imprenditoriale».

Le nuove forme del mercato: il punto di vista dei gruppi di distribuzione

Altro importante punto di vista della distribuzione edile in Italia è quella dei gruppi con Gianluca Bellini, direttore Gruppo Made: «Il mercato è radicalmente cambiato e l’obiettivo oggi è evolvere il proprio modello distributivo verso il nuovo cliente che si è affacciato già da qualche anno con l’avvento del nuovo ciclo dell’edilizia ovvero la ristrutturazione. I dati Cresme parlano del 73% di manutenzioni e di ristrutturazioni ed è tutto lavoro che la distribuzione edile deve intercettare così come ha fatto Made, che è un network di servizi e non un gruppo di acquisto, cercando di orientare e aumentare le competenze tecniche e di servizio dei nostri punti vendita. Studiamo dei servizi a supporto dell’imprenditore che si aggrega, ne è un esempio l’esperienza del 2020, quando durante l’emergenza sanitaria, che ha portato molta preoccupazione a causa delle chiusure e della mancanza di prospettive, Gruppo Made ha tenuto i contatti con tutti i propri aderenti aiutandoli nel gestire l’emergenza e nelle azioni da introdurre sia a livello economico sia di organizzazione della riapertura. Nel 2020 ci siamo resi conto del valore del network aggregativo, quindi dell’aggregazione che ha sostenuto gli imprenditori proprio nel momento in cui si sono sentiti da soli e hanno capito che stare da soli non è più così “bello”. È un cambiamento che è avvenuto dal 2019 al 2021 proprio a livello intellettuale, c’è un’attenzione particolare alle aggregazioni anche perché non è semplice per un piccolo imprenditore iniziare a fare delle fusioni con altri oppure diventare grande, soprattutto in questo momento. Il nostro obiettivo è creare una condivisione strategica all’interno di un unico brand, cerchiamo di aumentare le competenze di ogni singolo associato con dei servizi che vengono proposti e implementati all’interno dei punti vendita. Negli anni passati è stata incentivata la creazione di uno showroom di finiture, ora si investe nella formazione per aumentare le competenze sia manageriali sia tecniche degli addetti ai punti vendita, nei servizi di controllo del credito, nell’assicurazione per il credito. Mettiamo a disposizione degli strumenti gestionali per avere una visione di insieme della propria attività e per le piccole realtà non è assolutamente banale avere il controllo della gestione commerciale.

Dal 2018 abbiamo poi iniziato un percorso strategico: Made Distribuzione, una società in cui tutte le rivendite aderenti al network possono intervenire nel capitale. L’obiettivo è creare dei punti vendita modello che servano per sperimentare i servizi, quindi un laboratorio dove sviluppare servizi aggiunti da portare agli associati. Made Distribuzione punta ad acquisire quei punti vendita del network che non hanno passaggio generazionale o dove non c’è più voglia di andare avanti perché non si vuole più investire oppure le aziende che hanno una nuova visione e vogliono partecipare a una società di capitali “managerializzata” che crea dei modelli innovativi da proporre al network. Destinazione nel prossimo futuro è acquisire altri punti vendita e successivamente aprirsi anche alle acquisizioni all’esterno del network».

Risponde alla “provocazione” del titolo del panel “I gruppi di acquisto sotto scacco dei multipoint” Matteo Camillini, direttore di BigMat Italia e BigMat International: «È vero che i multipoint stanno seguendo una precisa direzione di mercato ma va sottolineato che i gruppi non sono sotto scacco, e bisogna identificarli con dei ruoli precisi perché un gruppo inteso solo come gruppo d’acquisto oggi è effettivamente in difficoltà mentre il gruppo che va oltre e cerca di dare servizi e ha una visione più ampia crea un network di aziende indipendenti con alla base un progetto imprenditoriale e questo che permette di passare da quella che noi chiamiamo indipendenza all’interdipendenza. BigMat, di cui quest’anno ricorre l’anniversario dei 40 anni in Europa, ha tanti indipendenti ed è importante renderli interdipendenti e legarli a un progetto in cui il gruppo è un laboratorio di forme, anche ibride rispetto al multipoint o rispetto all’ indipendente puro. In Italia stiamo cercando di favorire il modello dell’aggregazione fra soci supportandoli da un punto di vista consulenziale e finanziario. Ci sono due fenomeni che avvengono in un network di indipendenti: il primo è la mancanza di passaggio generazionale che viene colmato dai soci vicini o dai quei soci che vogliono espandersi; l’altro aspetto è quello rilevato anche dai multipoint ovvero che il mercato, specialmente in alcune aree del Centro e Nord Italia e probabilmente arriverà anche al Sud, chiede di presidiare un’area per una serie di economie di scala di carattere finanziario commerciale e logistico.

Un consorzio deve portare avanti un modello di mercato in cui il marchio diventa un cappello comune che include la gestione del rapporto con i produttori e con la clientela, la formazione, l’uniformazione, le leve strategiche, i format dei Punti Vendita, la digitalizzazione e i servizi. Se si parla solo di gruppi di acquisto è ovvio che la partita è persa, il legame e la negoziazione con i fornitori è fondamentale ma bisogna andare oltre per creare quel progetto che permette alle aziende medie o medio piccole di aggregarsi ed essere interdipendenti in un progetto più ampio dove si riesce, con un marchio, a creare una scala che porta a un’evoluzione. Gli stimoli del mercato, in questo momento, sono acceleratori di un progetto di aggregazione seria e strutturata che è quello che serve per permettere la crescita delle aziende».

La finanza per crescere

Graziano Verdi, ceo di Italcer, ha posto l’attenzione sull’importanza della finanza per una crescita dimensionale e qualitativa: «La frammentazione del settore non aiuta la crescita, perché non si possono fare investimenti e non si può fare molta formazione. Diventare più grandi, anche qualitativamente, credo che possa essere la realtà dei prossimi anni per il nostro settore e per il mondo della distribuzione. In questo momento c’è molta liquidità disponibile sui mercati che può essere anche usata per progetti di crescita importanti. Per il settore si prospettano anni di crescita in cui la qualità del credito e la concessione dei fidi saranno elementi assolutamente importanti, dopo un passato gestito in maniera non troppo professionale nella concessione degli affidamenti con poi delle storture che non hanno fatto bene al mercato. Il vento positivo dei prossimi 5 anni permetterà alle imprese di godere dei benefici del momento stando attenti a capitalizzarle questo “bel tempo”».

La sostenibilità come arma di crescita

La sostenibilità è stata un altro dei temi portanti del Convegno Sercomated, e a parlarne è stato in primis Francesco Farinetti, amministratore delegato di Green Pea e vicepresidente Eataly: «Per noi la sostenibilità è un viaggio da fare insieme e il termine ha un etimo ben chiaro che è quello della lunga durata perché deriva dal termine inglese “sustain” ovvero il terzo pedale del pianoforte che serve per allungare la nota, quindi un prodotto o un servizio deve potere durare così come noi esseri umani che dobbiamo “durare” sul pianeta. Ugualmente importante è il concetto di insieme: Green Pea nasce dall’unione di 140 partner e un lavoro di 10 anni che unisce competenze diverse».

Insieme è la parola chiave anche per Pierangelo De Poli, ceo di Green Pea Mobili, che racconta come anche nel settore dell’arredamento sarebbe fondamentale fare sistema: «Il mondo del mobile ha tanta confusione e non sa bene dove andare, il made in Italy rappresenta la 38% del mercato mondiale del mondo del design però poi se andiamo a paragonarci alle industrie del mondo siamo piccolissimi nel campo della produzione e nel commercio c’è una totale disorganizzazione con qualche grande distributore e una serie di piccoli che non riescono a fare mercato e fare sistema, perché non c’è stata un’educazione alla crescita e la maggior parte di questi piccoli negozi di territorio sono l’evoluzione di passaggio da padre in figlio, nel frattempo il mercato è cambiato e i commercianti sono rimasti fermi. Il tema della sostenibilità sarà la normalità fra 10 anni».

La sostenibilità non solo come messaggio etico e sociale ma anche come arma di crescita e nuova opportunità di business: basti pensare ai 15,36 miliardi di euro del PNRR destinati all’efficientamento energetico e alla riqualificazione degli edifici pubblici e privati.

E in ottica di sostenibilità e di economia circolare, è nata nel maggio scorso l’iniziativa del Consorzio REC che vuole rispondere a un’esigenza importante del settore delle costruzioni, quella della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti di cantiere e delle macerie.

Il Consorzio REC Recupero Edilizia Circolare ha tre obiettivi: il primo è quello ambientale; il secondo è sociale mentre il terzo è economico poiché «dà una nuova opportunità al distributore edile», spiega Francesco Freri, presidente del Consorzio, che prosegue: «REC nasce due anni e mezzo fa all’interno di Federcomated quando abbiamo iniziato a ragionare su un nuovo ruolo del distributore di materiali edili in Italia. Con la modifica all’articolo 185 del D.L. 152 abbiamo creato una nuova figura disciplinata che è quella del deposito preliminare alla raccolta, così che tutti i rivenditori di materiali possono accogliere presso i punti vendita in maniera semplificata il rifiuto da demolizione o da costruzione. In Italia ci sono 153 milioni di tonnellate di rifiuti speciali prodotti dall’industria e il 48% sono ascrivibili alla costruzione e demolizione, una problematica che va al di là dell’interesse del singolo rivenditore e che rispetto agli altri Paesi europei ci vede un po’ indietro anche a causa del sommerso, del non rispetto delle norme e della mal rendicontazione. Il Consorzio REC offre un servizio nel micro-territorio e all’impresa di costruzione che deve conferire il rifiuto da costruzione e demolizione e che attraverso una rete qualificata e disciplinata di punti vendita e di trasportatori lo consegna all’impianto di lavorazione per il riciclo; è poi sempre il Consorzio che rendiconta ai vari ministeri e alle istituzioni competenti tutti i flussi di materiale portato all’interno del punto vendita».

Questo progetto offre inoltre un beneficio di business, gli studi dimostrano che un rivenditore in centro città che offre il servizio di raccolta delle macerie e dei rifiuti da costruzione/demolizione aumenta il proprio fatturato di oltre il 10% e fidelizza il cliente, perché l’impresa può andare nel punto vendita nelle immediate vicinanze del cantiere e mentre scarica il rifiuto può anche caricare il materiale.

«Al Consorzio REC – conclude Freri – partecipano tutti gli attori della filiera: le industrie che sempre di più hanno bisogno di materia prima seconda per fare quei processi di end of waste e i rivenditori/distributori che in Italia sono più di 10.000 e che possono così riqualificare la propria reputazione e prendere parte a un progetto corale sentendosi protagonisti della transizione ecologica e della rivoluzione circolare. Da esperti di materiali, i distributori potranno diventare anche esperti di rifiuto edile».

Multicanalità consapevole: declinazioni strategiche e strumenti del digitale

L’edilizia sempre più green e sostenibile ma anche sempre più digital, imprescindibile un passaggio sulle tecnologie digitali e l’e-commerce.

La pandemia, come racconta Gabriele Nicoli, vicepresidente di Sercomated, è stata infatti un grande acceleratore dell’e-commerce e del passaggio al digitale di molti distributori: «Seppure l’approccio sia stato un po’ artigianale, ha in qualche modo aperto gli occhi sui canali digitali e ha dimostrato come il digitale sia oggi una forma relazionale e transazionale di porsi nei confronti della clientela. I canali digitali sono integrati nei punti vendita e sono entrati prepotentemente dalla nostra vita, sono una necessità ma è anche un’opportunità di business. La digitalizzazione sarà l’anima dei processi operativi back e front end, della comunicazione, del marketing, della logistica. Gli strumenti a disposizione sono soprattutto quelli delle piattaforme di marketplace e i siti e-commerce diretti del rivenditore. L’opportunità di business che offre il canale digitale si è enfatizzata durante il lockdown e molte aziende hanno potuto mantenere aperta la loro attività grazie alle tecnologie abilitanti, evidenziando quel concetto di prossimità e di localismo al quale si guarda con molto interesse. La vendita dei prodotti online ha segnato una crescita del 45% e la previsione di chiusura al 2020 è di quasi 33 miliardi, un exploit che non si ripeterà nel 2021 che comunque segnerà un + 22%. Complessivamente l’e-commerce in Italia ha raggiunto un tasso di penetrazione del 9%, nel 2015 era il 4%, e la categoria home living, il comparto più vicino all’edilizia e che comprende anche alcuni dei nostri prodotti, è cresciuta di oltre 1 miliardo in un anno raggiungendo quota 2,9 miliardi. La rivendita edile deve quindi sforzarsi di progredire nel canale digitale, professionalizzando le risorse umane e creano quelle competenze che possono affrontare l’e-commerce non come un’attività secondaria. Il timore che l’online possa sostituire il canale di vendita fisico è stato ormai superato da un’integrazione dei due canali. Il digitale è una piattaforma relazionale e transazionale con la clientela, uno strumento eccezionale per trovare nuovi clienti facendo attività di digital marketing con lead generation per poi supportare la vendita sia online sia offline in punto vendita. I grandi marketplace, legati anche marginalmente l’edilizia, nel 2020 hanno raddoppiato i fatturati e parliamo di marketplace che da 65 milioni di euro passano a 130 milioni di euro senza neppure un ufficio in Italia. I rivenditori devono prepararsi per coprire il territorio in maniera anche digitale in modo di poter competere anche su questo livello con i grandi player; la distribuzione edile e la produzione devono sfruttare il digitale a proprio vantaggio».

Per il consumatore non esiste più una distinzione tra spazio fisico e spazio online come spiega Ida Cantatore, project manager digital platform di Edilportale: «La relazione dei clienti con le marche avviene sempre più secondo una molteplicità di canali, in qualsiasi momento e luogo. Quindi, per un brand, adottare una strategia omnicanale significa essere raggiungibile ovunque, da qualunque dispositivo, e il marketplace è uno strumento di marketing che dà la possibilità ai rivenditori di integrare il canale digitale e quello fisico in un’esperienza fluida. La piattaforma Archiseller aiuta la rivendita ad aprire un e-commerce direttamente sul proprio sito».

Mario Colombino, direttore commerciale e marketing di ICOS Srl, uno degli esempi virtuosi del settore della distribuzione per quanto riguarda il marketing digitale e la comunicazione: «Oggi una rivendita edile al passo coi tempi e in linea con il mercato non può fare a meno dell’e-commerce, è una necessità, non più solo una scelta. L’e-commerce è un’attività parallela e sinergica a quella tradizionale del punto vendita, ha le proprie peculiarità e non va banalizzata o semplificata ma richiede degli investimenti e delle competenze specializzate, va opportunamente pianificata. Basilari gli investimenti in pubblicità, in customer care e l’affiancamento di professionisti. L’e-commerce è uno strumento di aiuto per il canale fisico che a sua volta è di supporto all’e-commerce».

La rivendita ha così oggi due vetrine, una fisica e una digitale ed entrambe richiedono un’attività di marketing che le supporti: «Aprire un negozio online e non investire in digital marketing è come aprire una rivendita edile e tenerla chiusa, investire nella lead generation è necessario per portare contatti utili attraverso campagne specifiche come, ad esempio, quelle sul Superbonus e sull’area serramenti che hanno dato buoni riscontri», conclude Colombino.

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